[23 February 2017 h 9:34 p.m.]
«Sei in ritardo».
“Che devo fare? Devo dire cosa è successo per davvero? No, che poi è peggio” pensò.
Teneva gli occhi bassi fissando il pavimento: era fatto di piastrelle a rombo, bianche e nere alternate, come se fosse una scacchiera; forse proprio per questo in quel momento si sentiva una pedina, pronta ad essere spazzata via da uno più forte.
“Non devo guardarlo negli occhi. Pelazzi mi mangerebbe vivo, non devo farlo”.
Iniziò a tremare mentre la destra accarezzava i capelli ancora bagnati sulla nuca, nel tentativo di pettinarli, visto che non era riuscito a recuperare la spazzola (era caduta nel water senza che avesse ancora tirato lo scarico).
“Sarebbe capace di farmi licenziare, non accetterebbe scuse. Ma mi vergognerei anche se mi ascoltasse, mi sputtanerebbe davanti a tutti”.
Il cellulare iniziò a suonare proprio in quel momento, e non poteva che peggiorare le cose: era già in ritardo, spettinato, e l’intestino non gli stava dando tregua. Si rese conto che non era una chiamata, ma la notifica di un messaggio.
«Sei in ritardo».
“Sono in ritardo”.
Pelazzi non gli avrebbe mai permesso di prendere il telefono e leggere il messaggio, né di guardarlo negli occhi nel giustificarsi. Sarebbe stata la sua rovina.
‘Oggi il cetriolo non c’è, è malato. Evvai!’ recitava il messaggio di Deco.
D’improvviso si sentì leggero, e smise di toccarsi i capelli. Anche la pancia non gli faceva male. Ora che l’incubo di Pelazzi era sparito, si alzò in piedi e si guardò dritto allo specchio: forse non era male, dopotutto aveva ventotto anni e, anche spettinato, avrebbe catturato l’attenzione.
“Non sono più in ritardo” ridacchiò. Adesso poteva recuperare la spazzola. Tutto faceva meno schifo, anche ciò che c’era nel water…